La copertina dell’album dei Maude rappresenta un muro dipinto in azzurro chiaro, esposto alle intemperie, increspato, frantumato e aggiustato in un modo grossolano con cemento grigio, quasi a simboleggiare la storia travagliata del gruppo. C’erano poche notizie di loro dall’uscita del primo EP, “Mediterraneo”, ed ecco che ora i Maude tornano, ma per fare che cosa?
Ritroviamo il nucleo storico della band: Giorgio Santolini chitarra e voce, Luca Scartezzini chitarra e voce. La sorpresa arriva con l’inclusione di Edwin Degasperi, cantante e bassista dei Indigo Devils, che prende il posto dei vari bassisti che hanno sostituito Giulio Di Venosa allo strumento, mentre Francesco Rossi, che percuote per i “Dafne” e “Carpa”, si siede dietro la batteria. Ed ecco la spiegazione del lungo silenzio: cambi di formazione, incorporazione di nuovi membri, scrittura e prove prendono tempo. La magnifica copertina di Karen Stenico poteva trovare un significato metaforico nel percorso vissuto dalla band: Si! I Maude ci sono ancora! Il disco è stato registrato, prodotto, mixato e masterizzato presso Gloteneria Studio con Cesare Madrigali, chitarrista della band bresciana CaraCalma. La registrazione è stata conclusa nell’estate 2024 e due tracce “Nel mio mondo” e “Denti” erano già usciti come singoli a fine anno.
Il tema generale dell’album prende l’aspetto di un fine amore senza essere toppo aspro. Il rock dei Maude sembra fatto della stessa sostanza delle precedenti pubblicazioni, la loro identità rimane intatta, ma, questa volta, qualcuno sembra avere dato un occhio sopra la spalla dei compositori per sorvegliare la cottura, essere presente alla messa in piatto, includendo decorazioni appetitose, il maggiordomo ha potuto concludere con un “flambé”, portando il piatto in sala. Nei primi ascolti, questo album aggancia l’orecchio dal numero di stacchi posizionati giudiziosamente in punti strategici. Chiedono un ancora? Vediamo se lo meritano…
“Specchio” introduce bene l’album con un bel power pop dai versi temperati, portati dal bel basso di Edwin e con chitarre rilegate a punteggiare la fine delle frasi. Le parole sono messe in evidenza, dettate dal ritmo appassito. I ritornelli sono vitalizzanti, invitano a ballare o saltare in giro. L’ultimo ritornello è annunciato da un bel ponte musicale e da uno stacco che prende contro piede.
La voce scalfita di Luca introduce “Cosa vuoi che sia”. Bella batteria che sottolinea il testo accentuando l’asprezza del contenuto; ci separiamo… e poi? Possiamo ancora una volta parlare della “coppia vocale” Scartezzini/Santolini perché il loro timbro è molto simile e la loro combinazione spinge precisamente sullo stesso punto, trapanando attraverso la strumentazione. Ancora un bel ponte musicale che spezza esteticamente, la continuità del brano.

Vuoi dell’energia? “Ritornerò” risplende dal suo ritornello, dalla precisione della sua metrica, dallo stacco fra i due versi introduttivi, dal suo ponte musicale e dalla sua struttura originale: verso, verso, ritornello, ponte, ritornello, breakdown. Ancora una volta il basso e la batteria creano un bel biotopo per ambientare chitarre e canto. Siamo al terzo brano e già l’album dice qualcosa.
“Felicità” si apre su un arpeggio di chitarra che sembra quasi annunciare un lento. Ma non possiamo fidarci dei Maude: possiedono chitarre elettriche e il batterista ha delle formiche nelle gambe. Ancora un bel basso che porta i versi sulle sue spalle, mentre chitarre leggere camminano sulla punta dei piedi, affiancando un canto distinto qui, come in tutto l’album. Quindi andiamo in Messico, con una vista distorta.
Un testo iconoclasta ma sincero è l’essenza di “Dio Bigotto”. Le chitarre dell’introduzione ricordano un po’ l’introduzione di “Film” sul loro precedente EP “Mediterraneo”. Il distacco dal branco delle pecore che seguono il buon pastore è un atto sano, almeno ci si sente più leggeri. Una chitarra suonata in basso al suo manico affetta piacevolmente il secondo verso. Tutti i mezzi son buoni per rallegrarsi.
Il ritmo è un po’ più sincopato su “Denti” uscito come singolo il 20 dicembre 2024. “Lo sai che male che fa un bastone fra i denti”? Dolore figurativo evidentemente, ma percepito come presente e reale. Un ponte musicale lenifica il corso della canzone, una chitarra sgrana brevi note per riportare infine il pezzo al suo livello originale, con un crescendo logico.
Ritmo più lento e quasi più pesante, “Sottovuoto” sembra pregare per la necessita di potere respirare prima di “voltare pagina”. Ci sono ganci nello sterno e pesci sottovuoto che cercano di farcela con le branchie, circondati di Domopak. I due versi sono trattati musicalmente in un modo diverso. Quasi a rimpiazzare la partitura del secondo verso con quello che poteva diventare un ponte musicale. La traccia s’increspa prima del finale, senza impazzire oltre misura. Produzione accurata.
Sgommata fenomenale, “Nel mio Mondo” esce in video e come singolo il 21 novembre 2024 e fa ripartire il treno a tutta velocita. Il tema rimane doloroso: “Non ci sento più dal male”. Il batterista troneggia a prua e trascina nella sua scia un basso puntuale, un doppio canto notevole nel ritornello, delle belle chitarre potenti, ma gioiose. Una bellissima traccia sotto anfetamine, un colpo di defibrillatore alla sveglia.
Nei frantumi di una coppia rimangono generalmente vari oggetti che vanno dai CD a pentole comprate assieme. Qui rimane “Alfonso”, il gatto, che finisce anche lui a mancare. Bisogna adesso focalizzarsi sulle ortensie sotto cui è sepolto. Ma cosa fare se anche le ortensie si ammalano? Il ritmo meccanico delle chitarre impone una terzina di rullante ad ogni frase. Il ritornello e il finale sembrano quasi più leggeri, ariosi e lirici. La traccia e l’album si concludono nell’energia allegra delle chitarre che dichiarano: Di noi, ormai, non rimane più niente.
Tirando le somme, nell’album notiamo un bel basso, messo in evidenza nel mix, una batteria precisa e spontanea, delle chitarre melodiche e l’ingrediente maggiore dei Maude: una combinazione vocale a due voci che sa spingere dove ci vuole. È un lavoro maturo negli arrangiamenti, la produzione ha saputo mettere in evidenza i punti importanti dei brani, rispettando anche l’identità fondamentale del gruppo. Ancora è una piacevole scoperta.